"È stato il più grande onore della mia vita avere questo ruolo". Con queste parole, Gianmarco Pozzecco ha lasciato la guida della nazionale di basket dopo la sconfitta agli ottavi di finale degli Europei contro la Slovenia di Luca Doncic. Il "Poz", come viene affettuosamente chiamato dai tifosi dai tempi in cui ancora giocava, si è seduto per la prima volta sulla panchina dell'Italbasket nel 2022 e sotto la sua guida, la squadra ha mostrato grande determinazione e un gioco spregiudicato.
Ha plasmato gli Azzurri sul suo carattere, costruendo una squadra generosa e con un grande spirito di gruppo che, nonostante i limiti tecnici emersi, ha sempre dimostrato fame di vittoria, recuperando anche situazioni complicate con gli slanci di cuore laddove manca il talento cristallino. È ciò che ha sempre caratterizzato il suo modo di giocare, che l'ha reso un idolo dei tifosi italiani. Nato a Gorizia nel 1972, Pozzecco si è affermato come un playmaker di rara genialità sul campo da gioco: nonostante la scarsità di centimetri, appena 181, compensava con una visione di gioco straordinaria, una rapidità fulminante e una creatività fuori dagli schemi. Le sue aperture e letture di gioco sono stampate sui manuali della pallacanestro, hanno infiammato il tifo e ha cercato di trasmetterli nel gioco della "sua" nazionale, trovando il suo erede in Marco Spissu.
Le sue giocate, spesso al limite dell'imprevedibile, hanno fatto impazzire i tifosi, soprattutto quelli delle squadre alle quali ha legato la sua carriera, come la Pallacanestro Varese, con cui ha vinto il famoso "scudetto della Stella" nel 1999, e la Fortitudo Bologna. La sua avventura con la Nazionale è culminata con la storica medaglia d'argento alle Olimpiadi di Atene 2004. Dopo il ritiro dal basket giocato ha deciso di continuare a vivere lo sport dalla panchina, Ha guidato diverse squadre, ottenendo successi importanti come la Coppa Italia vinta con la Dinamo Sassari nel 2019. Ha portato con sé la stessa verve e passione che lo contraddistinguevano in campo e il suo stile di coaching è diretto e coinvolgente, basato su un forte legame emotivo con i giocatori. "Posso essere il peggior allenatore del mondo, ma come ho detto loro nello spogliatoio, nessuno ha il rispetto che ho io per i giocatori italiani. Nessuno li ama più di me", sono state le sue ultime parole da allenatore, prima di lasciare la conferenza stampa visibilmente commosso.